Descrizione
Aedes albopictus è il suo nome scientifico ed è nota come "zanzara tigre"; è originaria delle foreste tropicali e subtropicali dell'Asia sudorientale, ma raggiunge anche il Giappone fino al 40° parallelo di latitudine Nord. Negli ultimi cinquant'anni, la specie si è diffusa in varie parti del mondo, prima negli Stati Uniti e nell'America centrale, quindi in Europa dov'è arrivata, per la prima volta nel 1987, in Albania.
La "zanzara tigre" è una pessima volatrice, gli esemplari adulti sono in grado di spostarsi attivamente per brevi distanze. Questo non spiegherebbe la capacità di diffusione così rapida dimostrata, se non si ammettesse il concorso del trasporto passivo attraverso i mezzi e le attività di scambio commerciale.
Ricercatori dell'Istituto Superiore di Sanità hanno potuto dimostrare che uova di "zanzara tigre" sono arrivate in Italia provenendo dagli Stati Uniti d'America contenute all'interno di copertoni d'auto usati e pare siano proprio questi il veicolo di trasporto passivo, a livello mondiale, maggiormente utilizzato dalla zanzara. L'importazione di copertoni usati da parte di alcune grosse aziende esistenti nel Veneto e nell'Emilia Romagna ed il commercio interno a ditte minori che li rigenerano possono essere state le cause principali della comparsa e della diffusione di questa zanzara nel nostro Paese.
Nel novembre 1990 erano segnalati per la prima volta in Italia esemplari adulti nell'area urbana di Genova, mentre l'anno successivo venivano scoperti diversi focolai larvali in provincia di Padova. Quindi la "zanzara tigre" si è rapidamente diffusa in varie regioni del Nord, tanto che tra il 1991 e il 1993 era segnalata già in numerose località della Liguria, della Lombardia e del Veneto, provocando sempre più numerose segnalazioni e lamentele da parte della popolazione per i livelli di molestia raggiunti in alcune località. Negli anni successivi, la diffusione è proseguita in Piemonte, in Friuli Venezia Giulia, in Emilia Romagna, in Toscana, nel Lazio (nel 1997 a Roma), in Campania.
Le prime segnalazioni della presenza di "zanzara tigre" in provincia di Brescia risalgono al 1993 e sono relative alla zona del basso Garda (Desenzano, Lonato). In modo alquanto rapido, nell'arco dello stesso anno, si assistette alla sua diffusione verso ovest in direzione della città, lungo la direttrice della statale 45bis. Prima a Rezzato, poi a Sant'Eufemia della Fonte alla periferia sud-est di Brescia, quindi a Urago Mella nella periferia nord-ovest, con alcune sporadiche segnalazioni nel centro storico ed in alcuni comuni della pianura.
La presenza in città si è stabilizzata negli ultimi anni nelle aree della fascia periferica, con un leggero incremento medio del grado di molestia percepito, in alcuni anni maggiore e in altri minore in dipendenza delle condizioni climatiche.
La definizione di "tigre" e alcune grossolane descrizioni fatte, soprattutto a livello giornalistico, hanno contribuito a generare nella popolazione l'idea che questa zanzara, nuova e sconosciuta, dovesse essere di dimensioni notevoli e con una livrea a strisce gialle e nere. Nulla di più errato!
La "zanzara tigre" ha una dimensione molto simile (anzi mediamente un po' più piccola) a quella della zanzara comune (Culex pipiens) diffusa nelle nostre aree.
Da essa si distingue abbastanza facilmente in quanto presenta alcune caratteristiche che ne rendono inconfondibile l'identità anche ad occhio nudo, innanzitutto per la colorazione più scura rispetto al grigio-nocciola della zanzara comune. Per l'occhio non troppo allenato, basterà una buona lente d'ingrandimento per giungere facilmente al suo riconoscimento.
I caratteri principali che contraddistinguono l'adulto alato sono:
- colore di fondo nero con bande bianche trasversali sui segmenti dell'addome;
- zampe con bande bianche che interessano la parte basale dei segmenti dei tarsi, tanto da far apparire le zampe a tratti alternati bianchi e neri;
- torace con una linea bianca che lo attraversa longitudinalmente sulla superficie dorsale.
Va tenuto presente che la colorazione è data da minutissime squamette che ricoprono il corpo e le zampe (come la "polverina" delle ali delle farfalle).
In esemplari non troppo freschi o manipolati, si può avere una notevole perdita di queste squamette con una minore evidenza dei caratteri sopra descritti e maggiore difficoltà nel riconoscimento.
In natura, i focolai larvali utilizzati dalla "zanzara tigre" negli ambienti forestali dei paesi d'origine sono costituiti dai ceppi delle canne tagliate di bambù, cavità degli alberi, ecc., quindi bastano ristagni d'acqua anche esigui per consentire lo sviluppo delle larve.
Questo adattamento consente alla zanzara di sfruttare, nelle nostre zone, qualsiasi recipiente o contenitore anche di ridotta capacità (basta meno di mezzo litro), lasciato all'aperto e in grado di trattenere l'acqua piovana.
Le femmine sono attive principalmente durante il giorno, nelle ore più fresche e volano ad altezza ridotta, a circa 1-2 metri dal suolo.
L'attività "pungente" avviene tipicamente all'aperto e con estrema rapidità, ma è possibile tuttavia rinvenire esemplari anche all'interno delle abitazioni, perfino nei piani alti. Il pasto di sangue delle femmine può avvenire su una vasta gamma di animali, ma vi è un elevato grado di preferenza per l'uomo. Dopo la puntura, le femmine hanno necessità di concedersi alcune ore di "riposo" per digerire il pasto di sangue, ciò che avviene nelle ore più calde della giornata oppure di notte. I luoghi di riposo in genere sono tra la vegetazione, cespugli, siepi, alte erbe.
Potendo completare il ciclo di sviluppo in meno di 10 giorni, si possono avere diverse generazioni nell'arco della stagione favorevole, durante la quale il picco di massima densità della specie viene raggiunto tra agosto e settembre.
Come in tutte le specie simili, lo sviluppo della "zanzara tigre" passa attraverso quattro diversi stadi: uovo, larva, pupa, adulto.
Le uova vengono deposte dalle femmine in ambiente umido, solitamente al di sopra del pelo dell'acqua, facendole aderire singolarmente alle pareti di un contenitore o alla vegetazione eventualmente presente, gli stadi larvali e di pupa sono acquatici, nello stadio adulto l'insetto è un volatore attivo.
Per schiudersi devono essere sommerse dall'innalzamento del livello dell'acqua dovuto all'arrivo della prima pioggia, ma la schiusa è influenzata pure da diversi fattori climatici, come la durata delle ore di luce nell'arco della giornata e dalla temperatura dell'ambiente di deposizione.
Durante la stagione estiva, generalmente le uova schiudono non appena vengono sommerse dall'acqua, mentre quelle di ultima generazione, deposte dalle femmine nel tardo autunno, sono in grado di ibernare in uno stato di diapausa embrionale indotta proprio dalla brevità delle ore di luce.
Le uova della "zanzara tigre", infatti, sono dotate di particolari caratteristiche che permettono loro di resistere al disseccamento e al freddo. In altre parole, possedendo la capacità di ritardare la schiusa anche di diversi mesi, esse sono in grado di superare non solo lunghi periodi senza acqua, ma anche i rigori invernali delle nostre latitudini, sopravvivendo anche a temperature di parecchi gradi sotto lo zero per poi schiudersi nella primavera successiva.
Questa caratteristica è alla base dell'eccezionale capacità diffusiva di questa zanzara, pessima volatrice da adulto, ma grande opportunista da uovo, che viaggia in tutto il mondo attraverso il trasporto passivo dovuto alle attività commerciali dell'uomo.
Le larve della "zanzara tigre" sono acquatiche e sono in grado di sfruttare raccolte d'acqua dolce temporanee e di esigua quantità, respirando attraverso un tubicino (sifone), che viene accostato alla superficie dell'acqua. Esse si nutrono di plancton e batteri. La larva si sviluppa attraverso quattro stadi di crescita separati fra loro da tre mute.
La quarta muta dell'ultimo stadio larvale porta a raggiungere lo stadio di pupa. Dovendo utilizzare acque temporanee e spesso di precaria presenza, il loro sviluppo, in condizioni climatiche ottimali, è di breve durata, variabile da 5 a 15 giorni, a seconda delle condizioni di temperatura.
La pupa è pure acquatica e molto mobile, il suo stadio è di breve durata, durante il quale l'insetto non si nutre. Dopo sole 48 ore, la parte dorsale accostata alla superficie dell'acqua si fende per permettere lo sfarfallamento dell'insetto adulto.
L'adulto, dopo circa 48 ore dallo sfarfallamento, è in grado di accoppiarsi. Subito dopo, la femmina ricerca un vertebrato per assumere il suo primo pasto di sangue, assolutamente necessario per la maturazione delle uova, mentre il maschio, esaurita la sua funzione riproduttiva, sopravvive solo per pochi giorni. L'intervallo di tempo tra il pasto di sangue e la deposizione delle uova può variare da 3 a 5 giorni ed ogni femmina, dopo un singolo pasto di sangue, può deporre fino a un centinaio di uova (ma generalmente ne vengono deposte meno, tra 40 e 80). La longevità della femmina è di circa 2-3 settimane.
I focolai larvali che più facilmente vengono utilizzati dalla "zanzara tigre" nell'ambiente urbano possono riguardare una vasta casistica di situazioni tipologiche e distributive. La distribuzione sul territorio è discontinua, tipicamente a macchia di leopardo, poiché dovuta alla casualità con cui possono essere presenti, a volte più diffusi e in altre più concentrati.
Per questo motivo, vi sono dei siti che, per la loro particolare vocazione a generare più facilmente focolai, si devono considerare luoghi a rischio.
Fra questi vi sono in primo luogo i depositi all'aperto di copertoni d'auto dei rigeneratori e dei gommisti, i luoghi di lavaggio e quelli di rottamazione degli autoveicoli, le officine meccaniche, gli insediamenti agricoli e della piccola industria, i vivai di piante, i cortili di carico e scarico dei supermercati, le discariche di materiali inerti, i cimiteri.
Particolarmente diffusi sul territorio sono invece tutte le caditoie, tombini, griglie, bocche di lupo, pozzetti e vasche di drenaggio delle acque di scolo esistenti lungo tutte le strade e le vie cittadine, oltre che nei giardini, negli orti e nei cortili delle aree private.
Attenzione a bidoni, vasche, barattoli, vasi di coccio, bacinelle, vaschette, catini, secchi, annaffiatoi, copertoni, latte, lattine, vasetti di vetro, bottiglie rotte, ciotole, sottovasi, vaschette di condensa dei condizionatori d'aria, giocattoli, pieghe e avvallamenti dei teli di plastica, ecc.
Ogni sorta di recipiente e manufatto abbandonato all'aperto, in grado di trattenere l'acqua piovana anche in quantità molto limitata (inferiore al mezzo litro), che inevitabilmente si trova in grande quantità negli spazi di pertinenza delle abitazioni nei quartieri residenziali, costituisce un potenziale focolaio, tanto più efficace, quanto più alto è lo stato di inutilizzo e di abbandono.
I sottovasi meritano una menzione particolare. Questi, infatti, vengono usati in abbondanza ovunque e, data la loro specifica funzione, si ritrovano ad essere pieni d'acqua dopo ogni operazione di annaffiatura dei vasi, cosa che avviene di solito ogni giorno.
Nel ricordare che, durante la stagione calda, il meccanismo che fa schiudere le uova della "zanzara tigre" è la loro sommersione dovuta all'innalzamento del livello dell'acqua e che tale schiusa avviene rapidamente, è bene sottolineare come non vi sia operazione più adatta dell'annaffiatura, e focolaio più adatto del sottovaso, per offrire quotidianamente alle zanzare l'opportunità di riprodursi.
Per la stessa ragione non sono meno importanti le situazioni di concentrazione che si creano in tutti i siti cimiteriali. La presenza di migliaia o di decine di migliaia di contenitori per fiori di ogni tipo esistenti nei cimiteri – direttamente esposti alla pioggia o comunque mantenuti per ovvie ragioni pieni d'acqua anche quando situati al coperto – diventa un potentissimo richiamo per le zanzare e rende il cimitero stesso un luogo di "allevamento" e di diffusione di straordinaria efficacia.