Vittorio Trainini

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Brescia, 6 marzo 1888 – 19 agosto 1969

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Descrizione

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Artista, decoratore, illustratore, designer di arredi e paramenti sacri

Vittorio Trainini, figlio di Giovanni e Virginia Bonometti, è stato uno dei più prolifici e poliedrici esponenti dell’arte bresciana del Novecento. A una vastissima produzione di affreschista (almeno cento chiese bresciane, e non solo, recano traccia della sua produzione) ha unito quella di pittore da cavalletto, ritrattista, illustratore, disegnatore di mobili e stoffe. La sua formazione è tutta di ambito bresciano. Avviato giovanissimo nella bottega paterna dove si producevano mobili, Vittorio mostra presto una grande passione per il disegno e la pittura che lo spingono a seguire le orme dello zio Giuseppe, noto decoratore, ornatista e quadraturista. Trainini impara la tecnica dell’affresco e tutte le complesse attività connesse, a cominciare dalla preparazione dei colori. A dodici anni è impegnato nella decorazione della chiesetta delle Canossiane di Mompiano e nel 1905 lo troviamo nella parrocchiale di Gussago, dove lo zio Giuseppe è al lavoro accanto a Gaetano Cresseri. Dal 1903 è iscritto alla Scuola Comunale di Disegno “Moretto” che frequenta con ottimi risultati fino al 1909. Segue i corsi di pittura decorativa, di plastica e di pittura di figura (suoi maestri sono Carlo Chimeri, Lorenzo Bonassi, Cesare Bertolotti e Arturo Castelli) dove viene più volte premiato. Nel 1909 esordisce con un’opera plastica alla mostra che la “Società per l’Arte in Famiglia” ha organizzato in coincidenza con l’Esposizione Internazionale dell’Elettricità e si fa notare da Pietro Feroldi che lo segnala su “La Sentinella Bresciana”. Nel marzo 1910 il Sotto Comitato, istituito per la partecipazione all’esposizione in programma a Roma nel 1911 in occasione del cinquantenario dell’Unità nazionale, delibera che, nella parte assegnata alla Provincia di Brescia nel padiglione della Lombardia, venga riprodotta la sala del Gambara di palazzo Avogadro, allora sede della Pretura. Per scegliere l’artista incaricato dell’esecuzione dell’opera, per la quale è prevista una spesa di 6.000 lire, si indice un concorso e, dopo aver esaminato i saggi presentati dai concorrenti, ai primi di agosto, viene scelto Vittorio Trainini, che si mette subito all’opera. Quel lavoro è tuttora visibile, oggi, nella sala del Consiglio provinciale a palazzo Broletto. Si apre da quel momento in avanti per lui la strada di una serie di importanti commesse, a Brescia nel palazzo ora Masetti Zannini, in via Carlo Cattaneo, e a Mantova per alcuni ambienti del nuovo palazzo della Camera di Commercio. Inizia anche a lavorare per la committenza ecclesiastica, che sarà in seguito la sua principale fonte di attività. Nel 1913 gli viene infatti affidata la decorazione della volta della chiesa parrocchiale dei Santi Faustino e Giovita di Sarezzo. Lo scoppio della guerra viene però ad interrompere questo brillante avvio di carriera. Vittorio Trainini è tra i primi ad arruolarsi, insieme ad Angelo Zanelli ed Eliodoro Coccoli. Di quel periodo resta un bozzetto preparatorio per l’insegna dell’aereo di Gabriele d’Annunzio. Resta anche un gruppo di disegni e di tavolette ad olio in cui l’artista è tutto concentrato a indagare i volti dei suoi compagni. Negli ultimi mesi del conflitto, insieme a Eliodoro Coccoli, realizza la decorazione di alcuni ambienti della nuova Casa del Soldato, inaugurata il 15 settembre 1918 nell’edificio della Scuola “Moretto” in via Antonio Tagliaferri (ora contrada Santa Chiara). Dopo la guerra, a Mompiano, all’ombra della parrocchia, dà vita ad un circolo giovanile, nel quale organizza molteplici attività per interessare i giovani all’arte: promuove corsi di arti applicate, apre una scuola musicale, una biblioteca, è anche l’animatore di una filodrammatica, La Compagnia della Fonte. Per questo suo impegno nella vita del quartiere viene candidato, nell’ottobre del 1920, alle elezioni del Consiglio Comunale di Brescia ed è eletto nel listone del “blocco” che raccoglie esponenti liberali e popolari. Gli anni Venti vedono, sul piano artistico, l’affermazione decisiva di Vittorio Trainini che si dedica quasi esclusivamente al tema sacro, lavorando in numerose chiese della provincia e chiamando a collaborare lo zio Giuseppe che realizza le decorazioni di ornato. Di questo periodo sono le opere eseguite nelle parrocchiali delle Fornaci (1920) e di Borgo San Giacomo (1920-1921), nella chiesa del Santissimo Sacramento delle Ancelle della Carità a Brescia (1922-1925), dove ha modo di affrontare per la prima volta un apparato decorativo “totale” che comprende anche gli arredi e il pavimento, nelle parrocchiali di Mura, Mairano, Volta Bresciana (1922-1925), Tavernole (1924), Fasano (1927), Sabbio Chiese (1928-1930), nella chiesa di San Rocco a Concesio (1928-1929) e della cappella dell’ex Ospedale Militare (1928). Di rilevante importanza il rapporto che stabilisce con i Padri della Pace, che lo incaricano nel 1924 di stendere il progetto decorativo della chiesa del Buon Pastore di Villa San Filippo, realizzato con la collaborazione dei suoi amici Eliodoro Coccoli, Augusto Lozzia, Giuseppe e Tita Mozzoni, Adolfo Mutti, Emilio Rizzi e Angelo Sala. Trainini non coltiva interessi esclusivi per la pittura ma, partendo dall’idea che l’edificio sacro deve svilupparsi secondo concezioni artistiche il più possibile unitarie, si fa anche architetto, scultore e progettista di tutto quanto serve alla devozione ed al culto. Per questo collabora con i fratelli Poisa a cui fornisce cartoni per le loro opere lignee, disegna per la ditta G. Domenico Silva tessuti e ricami per paramenti liturgici, progetta vetrate, pavimenti musivi, ferri battuti, con un’attività instancabile ed una curiosità onnivora. Nel 1926 si segnala anche come illustratore dei Santi Evangeli nella traduzione di monsignor Luigi Gramatica, che aprono la storia editoriale della Morcelliana. Il 9 ottobre del 1926 sposa Ines Meschini, la “sua” amatissima Ines, che ritrae spesso in veste di santa sulle pareti delle chiese e dalla quale avrà cinque figli. Gli anni Trenta vedono la consacrazione ufficiale dell’artista, la cui fama esce dal territorio bresciano. Da ricordare le opere eseguite a Edolo (1930), Bagnolo Mella (1930-1932) dove si trova ad affrontare un confronto vincente con Gaetano Cresseri, Isorella (1931-1932), Pompiano (1933), Pievedizio (1933-1934), Nave (1935), Clusane (1935), Calvagese della Riviera (1939) ed a Brescia nella chiesa dell’ex-Seminario Vescovile, oggi Centro Pastorale Paolo VI (1930), nella cappella del Vescovado (1930), in Palazzo Martinengo Palatini (1931), San Francesco da Paola (1932-1933), in Cristo Re in Borgo Trento, dove inizia (1934) una decorazione di vastissimo respiro che ha il suo momento più alto nel Giudizio Universale della cupola. Ma l’impegno più rilevante viene dalla Svizzera. Nel 1936 è chiamato infatti a partecipare al concorso internazionale per la decorazione del santuario del Sacro Cuore a Lugano; solo nel 1938 può essere aperto il cantiere, ma la decorazione del grandioso edificio è completata solo dopo la guerra tra il 1947 e il 1951. Al nostro pittore arrivano, per la sua attività, anche riconoscimenti ufficiali: nel 1933 è fatto Cavaliere dell’Ordine di San Silvestro, nel 1945 diventa socio effettivo dell’Ateneo di scienze lettere e arti di Brescia. Uomo profondamente religioso, lavoratore infaticabile, rapido nell’esecuzione, affresca centinaia e centinaia di metri quadri di volte e pareti; ancora negli anni Quaranta e Cinquanta è chiamato in diverse località e continua e riproporre i collaudati moduli della sua pittura che fanno di una chiesa un luogo ricco di colore e di immagini. Gli interventi più significativi vengono eseguiti a Sabbio Chiese (1940) con gli affreschi delle pareti laterali dell’abside, nella chiesa di san Biagio a Soprazocco di Gavardo (1941), nelle parrocchiali di Bovegno (1942) e di Irma (1943). Dopo la guerra ritorna a Lugano, ma riesce anche a completare impegnativi cicli di affreschi a Barghe (1946) e Paderno Ponchielli (1949). Il prestigio acquisito gli procura una commissione anche dal Vaticano: alla fine del 1951 è chiamato a decorare la Cappella della Guardia Palatina con scene della vita di San Pietro. L’ultima grande “sfida”, accettata e vinta, è la parete absidale della parrocchiale di San Sebastiano a Lumezzane, dipinta nel 1956. Quando anche le forze fisiche vengono meno, Vittorio Trainini, pur non rinunciandovi del tutto, sale più raramente sulle impalcature per affrescare le chiese e resta sempre più a lungo nello studio che ha ricavato nella torretta più alta della grande casa di Mompiano, trasformata, giorno dopo giorno, in una specie di museo dove ogni cosa, le pareti, i mobili, i pavimenti, le stoffe dell’arredamento, le stoviglie sono stati disegnati e decorati come espressione di un ideale di bellezza capace di tutto trasformare. Vittorio Trainini muore il 19 agosto 1969.
(il testo che precede è una sintesi del saggio “Vittorio Trainini 1888-1969, la vita e le opere” di Francesco De Leonardis, che si ringrazia, apparso nel catalogo della mostra “Vittorio Trainini (1888-1969) L’ultimo maestro della grande decorazione” promossa da AAB, Museo diocesano e Gianluigi Trainini nell’autunno del 2019)

Ultimo aggiornamento

28/10/2019, 11:34