Mons. Antonio Fappani

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Quinzano, 15 agosto 1923 – Brescia 30 dicembre 2018

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Sacerdote, storico, scrittore, giornalista, promotore di iniziative e istituzioni culturali

Volto popolarissimo e molto amato del clero bresciano, Antonio Fappani nasce a Quinzano, in un ambiente permeato dalla cultura contadina, il 15 agosto 1923. Dopo gli studi nel seminario diocesano si laurea all’Università Lateranense in Sacra teologia con indirizzo storico. L’ordinazione sacerdotale giunge il 29 giugno 1949. Per i primi otto anni Fappani è curato nella parrocchia di Borgo Poncarale, dove manifesta subito attenzione alla questione sociale e alle condizioni dei lavoratori della campagna. Nel 1957 è nominato assistente spirituale delle Acli, incarico che riveste per cinque anni. Dal ’62 al ’72 è assistente diocesano degli Scout, incarico che gli consente di stare a contatto con i giovani e di mettere in luce il suo carattere cordiale, spesso giocoso. Nel frattempo sviluppa la passione per gli studi storici, nutriti da una cultura nient’affatto provinciale e da un’attenzione partecipe per le persone di cui tratta: una passione che gli vale, nel 1960, il Premio “Bonardi” conferito dall’Ateneo alle migliori opere che mettono in luce la storia cittadina. Fappani viene premiato per il suo libro “Assistenza dei feriti nel bresciano nel 1859” in cui tratteggia la vasta opera di carità dei bresciani verso i feriti di tutti gli eserciti dopo le giornate di Solferino e San Martino: un tema - quello della misericordia – che gli sarà caro, che attraverserà moltissimi suoi lavori e che ricorrerà nella sua ultima opera, uscita postuma. Nel 1961 il vescovo decide di valorizzare le competenze giornalistiche già messe in luce da don Antonio come vicedirettore della Voce del popolo a fianco di don Mario Pasini: lo nomina nuovo direttore del settimanale diocesano. Fappani reggerà quell’incarico per oltre un ventennio, fino al 1982.   
Sono anni fervidi, di battaglie religiose e civili, di impegno culturale a tutto campo, secondo una linea tipica del cattolicesimo sociale bresciano, alieno dal clericalismo anche quando l’alfiere è un sacerdote. Don Fappani colloca il giornale su una linea dialogica rispetto agli esperimenti politici locali, dal primo centrosinistra alle “giunte aperte” degli anni Settanta. Nel 1972 don Fappani dà il via a un’impresa che lo impegnerà per un quarantennio: comincia la pubblicazione (inizialmente a fascicoli, da raccogliere e rilegare) dell’Enciclopedia Bresciana, che s’è conclusa nel 2007 con il XXII volume. Un opus magnum interminabile, di fatto, di cui – quando la morte l’ha colto – aveva già pronti gli aggiornamenti dei primi volumi, scritti attingendo da quegli ammassi di carte, dai copiosi appunti e dalle caotiche teorie di libri che affollavano lo studiolo di mons. Fappani a palazzo Tosio. Quasi una leggenda per chi ha avuto la possibilità di vederlo. Nel 1983 Fappani fonda l’Associazione don Peppino Tedeschi per la cultura popolare religiosa. È solo l’inizio di un’attività vorticosa di promotore di cultura: nel 1985 apre, nei chiostri di San Giuseppe, la Fondazione civiltà bresciana che in oltre trent’anni ha raccolto una mole imponente di carte d’archivio, fotografie, documenti sonori, volumi dedicati alla brescianità in tutte le sue declinazioni, e promosso incontri, mostre, convegni, pubblicazioni. A seguire nascono l’Istituto Giuseppe De Luca per la storia del clero diocesano e, nel 2001, il Museo del ferro di San Bartolomeo. In parallelo si sviluppa l’opera di don Fappani e della sua Fondazione come editori e come promotori di riviste culturali: “Brixia Sacra”, “Memorie bresciane”, “Civiltà bresciana” e “Notizie di cultura” sono i fogli su cui autori collaudati offrono i loro contributi, e una giovane generazione di studiosi si fa le ossa. La Fondazione concorre, con L’Ateneo, alla rinascita del Premio Brescianità, avvenuta nel 2002. Premio che, vincendo la sua ritrosia, verrà assegnato proprio a monsignor Fappani nel 2016. 
Il basco nelle stagioni fredde, la tonaca indossata ogni giorno come una divisa, la bicicletta inforcata per anni per fare la spola fra via Tosio e vicolo San Giuseppe, la pazienza certosina, il candore personale formano l’iconografia di questo uomo di fede e di studio che ha abbracciato - per usare un’espressione del vescovo emerito di Brescia, mons. Giulio Sanguineti – un ministero speciale: “Il ministero della memoria”. 

Ultimo aggiornamento

28/10/2019, 11:12