Fausto Lechi

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Brescia, 3 ottobre 1892 - 20 novembre 1979

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Uomo di cultura, mecenate, amministratore locale, presidente dell’Ateneo

Figlio del conte Teodoro e della contessa Maria Valotti, compì gli studi ginnasiali presso il collegio Cesare Arici, e quelli liceali all'Arnaldo. Nel 1911 si iscrisse alla facoltà di Legge a Pavia.
Gli studi vennero interrotti dalla guerra che lo videro nel giugno 1915, allievo ufficiale di complemento in cavalleria a Modena e nel settembre, sottotenente dei cavalleggeri "Aquila", reggimento che ebbe sede in Brescia. Nell'ottobre 1916 passò al 6° squadrone di Nizza Cavalleria, appiedato sull'Isonzo dove visse accanto ai fanti la dura guerra di trincea. Nominato nel marzo 1917 aiutante maggiore in seconda del reggimento, dopo Caporetto passò alla 3a Armata con il reggimento Aquila con il quale partecipò alle ore 15 del 4 novembre 1918, la stessa ora in cui scoccava l'armistizio, alla carica di Paradiso, in cui ufficiali e cavalleggeri si gettarono con valore, pur sapendo che pochi minuti dopo avrebbe avuto inizio la sospensione del fuoco contro nidi agguerriti di mitragliatrici. Dall'atto eroico il conte Lechi ebbe la medaglia di bronzo e la croce di guerra al valor militare.
Congedato, nel novembre 1919 si laureò in Legge a Pavia.
Nel 1920 venne eletto consigliere comunale per il gruppo liberale moderato pur rimanendo legato alle idee nazionaliste. Nel 1921 divenne delegato da parte del Comune, presso la Congrega Apostolica e nel 1924 segretario della sezione bresciana della Croce Rossa. Seguendo l'indirizzo del nazionalismo, nel gennaio 1925 aderì al fascismo e nel 1926 venne nominato vice podestà di Brescia, incarico cui rinunciò nel 1927 per contrasti con il podestà Pietro Calzoni.
Entrato come socio effettivo dell'Ateneo di Brescia il 10 aprile 1927 ne divenne quasi subito vice-presidente, con funzioni in pratica di presidente, divenendo presidente effettivo (1931-1940). Tra le prime iniziative fu quella di un concorso a premi per una storia di Brescia. In tutta l'attività accademica dimostrò grande apertura anche verso personalità dell'antifascismo. Nel 1928 divenne Confratello della Congrega apostolica, nel 1929 podestà di Borgosatollo e vice presidente del Consiglio provinciale dell'Economia (dal 1929 al 1931), membro dell'Azienda Servizi Municipalizzati (1933), cassiere del centro filologico, dell'istituto fascista di cultura ecc.
Il 13 marzo 1933 subentrò al commissario prefettizio Osvaldo come podestà di Brescia, nella cui carica dimostrò serietà e rigore, riassestando le finanze comunali compromesse dalla costruzione di Piazza Vittoria, e avviando opere nuove quali la strada panoramica dei Ronchi, la Mostra Bresciana dell'800 (1934), quella del Sei e Settecento in Brescia (1935), la ripresa degli scavi nella zona archeologica, la celebrazione a Brescia nel 1933 del Convegno di storia del Risorgimento.

Crescenti dissensi lo resero inviso alla federazione fascista e lo portarono alle dimissioni nel 1937, al graduale distacco dalla vita politica e alla netta opposizione alla politica razziale e all'alleanza con la Germania instaurata dal regime mussoliniano.
Nel 1938 venne nominato consigliere del Credito Bresciano e incaricato di organizzare, in qualità di presidente della Commissione artistica, la Mostra dei pittori bresciani del Rinascimento di cui preparò il catalogo. Ebbe poi la presidenza della commissione per il riordino e l'apertura della Pinacoteca Tosio-Martinengo, mobilitata per la mostra. Nel 1939 venne nominato deputato all'Istituto Bonoris, l'11 gennaio 1941 presidente della Croce Rossa Italiana, incarico da cui dovette dimettersi l'8 maggio per non aver vestito il 23 marzo (annuale della fondazione dei fasci di combattimento) l'uniforme fascista.
Dopo la caduta di Mussolini si orientò di nuovo verso le idee liberali e già dal 30 settembre 1943 partecipò ad incontri con amici per organizzare la fuga di una cinquantina di prigionieri inglesi e sudafricani che erano stati assegnati a varie aziende agricole di Calvisano e che egli fece inviare in Svizzera o contribuì a nascondere fino alla liberazione. Nel frattempo sovvenzionò le formazioni partigiane, procurò il ciclostile per la stampa clandestina, inviò ingente quantità di grano per le forze ribelli della Valcamonica, collaborò a "Brescia libera" e cooperò alla diffusione di giornali e volantini. Scoperto che il suo nome era nell'elenco dei ricercati riuscì a sfuggire all'arresto prima nascondendosi in Brescia e poi rifugiandosi in provincia di Reggio Emilia indi a Cerea, nel Veronese, dove rimase fino al 25 aprile 1945. Per l'opera in favore della Resistenza gli viene assegnato il diploma del generale Alexander.

Ripresa in pieno l'attività amministrativa, culturale e di beneficenza, fu consigliere della Società Elettrica Bresciana, della Congrega Apostolica (di cui divenne presidente nel 1949), dell'Ateneo (1946-1957). Nel 1946 fu nominato presidente della Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali, fu inoltre vice presidente della Società Solferino e San Martino di cui fu anche presidente nel 1957-1958 e nel 1973-1974, presidente dell'Associazione dell'Arma di Cavalleria, Consigliere della Società per la storia del Risorgimento, e ispettore onorario per lunghi anni dei monumenti e delle opere d'arte. Nel 1951 entrò a far parte della Commissione di vigilanza dei Civici Musei, nel 1952 divenne membro della Commissione diocesana di arte sacra; nel 1957 fece rinascere l'Associazione degli amici dei monumenti e del paesaggio di cui fu presidente, come lo fu della sezione bresciana di "Italia Nostra" istituita nel 1958.
Fu presente attivamente in numerose manifestazioni storico artistiche: nel 1946 la Mostra delle Pitture bresciane dal '200 all'800, nel 1953 della mostra dei Pittori della realtà in Lombardia tenutasi a Milano, nel 1959 le celebrazioni della II guerra del Risorgimento e nel 1965 la mostra di Gerolamo Romanino.

Pubblicò studi sulla storia del Risorgimento, contributi in "Arte Lombarda", collaborò all'Enciclopedia Storico Nobiliare di V. Spreti. Fu cavaliere di Vittorio Veneto, dei SS. Maurizio e Lazzaro, commendatore della Corona di Italia, cavaliere di Gran Croce di obbedienza del Sovrano Militare Ordine di Malta, commendatore dell'Ordine di S. Gregorio Magno, medaglia d'oro di beneficenza della C.R.I.
Collaborò a "Sentinella Bresciana" e "Il Popolo di Brescia".
Fra le sue numerose pubblicazioni storico-artistiche spiccano i sette volumi delle "Dimore Bresciane" (Brescia, 1973-1979).

Ultimo aggiornamento

05/11/2018, 08:22