Stefano Bazoli

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Brescia 4 dicembre 1901 – 1 settembre 1981

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​Avvocato, politico

Figlio dell’avvocato Luigi Bazoli, uno dei leader del movimento cattolico bresciano fra Otto e Novecento, Stefano Bazoli si laurea in Giurisprudenza all’Università di Padova e si dedica alla professione forense seguendo le orme paterne. Nel 1929 sposa Bice Folonari che gli dà due figli – Luigi e Giovanni – e muore dopo soli 4 anni per una setticemia causata dalla banalissima puntura di una spina di rosa. La perdita dell’amata moglie segnerà dolorosamente l’intera sua vita come ha rivelato la pubblicazione del diario di quei giorni intitolato “Vivrò”, edito da Morcelliana. Stefano Bazoli non aderisce al fascismo e anzi diviene punto di riferimento degli antifascisti cattolici in una stagione di attesa, di preparazione, di opposizione clandestina. Arrestato per alcuni giorni per attività antifascista, è costretto a nascondersi per un anno con la famiglia a Costorio di Concesio. In quella temperie matura la passione per la politica che lo porta all’elezione nell’Assemblea costituente, nel 1946, nelle fila della Democrazia Cristiana. Dei suoi comizi elettorali Mino Martinazzoli ha detto che “tendevano alla complessità piuttosto che alla semplificazione” e che rispecchiavano “il consapevole rifiuto del conformismo”. Stefano Bazoli viene rieletto nella prima legislatura repubblicana ed è deputato dal 1948 al 1953. Dopo sette anni il suo partito non lo ricandida e lui accetta questa nuova prova, che lo amareggia, senza animosità. Riprende l’impegno professionale ed è per anni membro del Consiglio nazionale forense. Nel 1959 promuove, insieme a un gruppo di giovani, gli “Incontri di cultura” che portano nel Salone da Cemmo (allora cuore pulsante del dibattito cittadino) alcune delle più brillanti menti della cultura filosofica italiana. Ne nascono vivaci polemiche da parte di chi vede in quel dialogo fra culture diverse una frattura dell’ortodossia cattolica. Stabilisce una lunga e solida amicizia con don Primo Mazzolari, col quale intrattenne anche un significativo e duraturo scambio epistolare.  Tratteggiando la figura di Stefano Bazoli, l’allora sindaco di Brescia Cesare Trebeschi ha parlato di “umanità apertissima, insofferente di limiti, di costrizioni, di tutto ciò che tarpa le ali all’umana avventura, un’avventura vista in tutta la sua grandezza, con la capacità di inquadrarla nell’esaltante scenario di un’epoca di transizione, e di viverla nella continuità di un singolare senso dei valori familiari; la venerazione per la memoria paterna, l’amore delicatissimo per i figli e i nipotini”.

Ultimo aggiornamento

31/10/2018, 08:21